Notes
Si prega di notare che questo lotto è stato notificato con D.M. del 11 Novembre 2002 ed è stato dichiarato di particolare interesse storico e artistico. Questo lotto non potrà essere esportato dall'Italia. Please note taht this lot has been 'notified' with a Ministerial Decree dated 11/11/2002. The Ministery has declared its importance in the context of the Italian cultural patrimony. The lot cannot be exported outside Italy. PROVENIENZA (Probabilmente) Palazzo Manin, Venezia - Galleria di Groppi di Marmo (dall' inventario del 1742). Collezione privata, Torino. Casa d'Aste Nuova Adma srl, Modena, 6 giugno, 2002, lotto 830, acquistato dall'attuale proprietario. BIBLIOGRAFIA C. Avery, The Triumph of Motion: Francesco Bertos and the Art of Sculpture, Torino 2008, cat. no. 42, pp.178-9. Martina Frank, "Gli scultori al servizio dei Manin", in, E. Accornero ed., "Il restauro delle sculture lapidee nel Parco di Villa Manin a Passariano, Il Viale delle Erme", Restauro nel Fiuli-Venezia Giulia: Quaderni di studi e ricerche del Centro regionale di restauro dei beni culturali, 4, 1997, pp. 23-42, esp. p. 40. BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO L. Planiscig, 'Francesco Bertos' e 'Dieci opere di Francesco Bertos conservate nel Palazzo Reale di Torino', Dedalo, ix, (1928-29), pp. 209-21; 561-75 . Alice Binion, La Galleria scomparsa del Maresciallo Von der Schulenburg, Milan, 1990, pp. 133-271. Ettore Viancini, 'Per Francesco Bertos', in Saggi e Memorie di Storia dell'Arte, 19, Venice, 1994, pp. 143-59. V. Farinati, 'Bertos', in J. Turner ed., The Dictionary of Art, London, 1996, vol. 3, p. 862. Martina Frank, 'Virtu e Fortuna: il mecenatismo e le committenze artistiche della famiglia Manin tra Friuli e Venezia nel XVII e XVIII secolo', in Memorie dell'Istituto Veneto di Scienze, lettere e arti, LXV, Venice, 1996. Susanna Zanuso in Andrea Bacchi, La Scultura a Venezia da Sansovino a Canova, Milan, 2000, pp. 698-700. D. Banzato, F. Pellegrini, M. de Vincenti, Dal Medioevo a Canova: Sculture dei Musei Civici di Padova dal Trecento all'Ottocento, catalogo della Mostra, Padova, 2000, nos. 69-71, 185. Monica de Vincenti, The Encyclopedia of Sculpture, New York/London, 2004, pp. 168-70. Sileno appare nudo e montato su un asino, in atto di tenere un grappolo d'uva sopra la testa, e di offrirlo al satiro che gli cammina accanto. Una volpe mangia dell'uva da una vite avvinta al tronco di un albero dietro Sileno. L'asino rovescia con la zampa anteriore una brocca finemente lavorata, dal becco della quale scorre del vino. Sileno viene descritto nel Classical Dictionary di Lemprière come "a demi-god, who became the nurse, the preceptor, and attendant of the god Bacchus. He was, as some suppose, son of Pan. After death he received divine honours, and had a temple in Elis. Silenus is generally represented as a fat and jolly old man, riding on an ass, crowned with flowers, and always intoxicated." Questa raffigurazione classica della divinità, di una chiarezza che non dà adito ad alcuna incertezza interpretativa, non è comunque tipica della produzione dello scultore cui può essere tranquillamente attribuita, e cioè Francesco Bertos. Come è stato di recente accertato, Francesco figlio di Marcantonio Bertos fu battezzato a Dolo, vicino a Padova, il 23 maggio 1678, e nella stessa città morì di leptospirosi (o 'febbre dei sette giorni') il 29 novembre 1741. Le prime notizie della sua attività, dopo l'apprendistato compiuto probabilmente nello studio di Giovanni Bonazza, risalgono a lavori compiuti con Girolamo Bertos per alcuni altari in San Vitale, a Ravenna, intorno al 1700-1702. Sappiamo che Bertos visitò lo scultore di corte Foggini a Firenze nel 1708-1709, prima di proseguire per Roma. Nel 1715 era già abbastanza esperto da scolpire un gruppo di Nesso e Daianira - "di cinque figure, tutte d'un pezzo" - per Palazzo Manin a Venezia; per i Manin Bertos continuò a lavorare fino al 1730, per la loro nuova villa a Passariano. In seguito ebbe commissioni da Pietro il Grande, dal Maresciallo von der Schulenburg, dalla Basilica di Sant'Antonio a Padova e, verso la fine della sua carriera, dalla casa Savoia a Torino. Dalle ricerche recenti e dalla collazione di tutte le sue opere conservate in raccolte private, nei musei e sul mercato internazionale, emerge un prolifico scultore in marmo e in bronzo, con circa 180 opere al suo attivo. Sembra che abbia iniziato come scultore in marmo, gradualmente perfezionandosi con lo scalpello, la trivella e la raspa al punto che riuscì a creare gruppi complessi di undici o dodici figure, definite Trionfi, in dimensioni ridotte. Tali gruppi erano concepiti come complicate allegorie, spesso disegnate in coppia, o in serie di quattro, comprendendo nella raffigurazione gli Elementi e i Continenti. A metà carriera, Bertos si volse all'altro materiale principe per la scultura, il bronzo. La resistenza del bronzo alla tensione gli permise di creare gruppi simili ai precedenti con molte figure, dalle proporzioni allungate e dalle fini estremità, così da raggiungere effetti di 'ariosità' ancora maggiori. Il suo stile sia nel marmo sia nel bronzo non ebbe nel tempo sostanziali mutamenti, rendendo così difficile datare oggi le sue opere in base a criteri stilistici. Un'evoluzione nella sua arte può essere in ogni caso delineata ipotizzando un progressivo perfezionamento delle sue capacità tecniche, con il passaggio dai più semplici, e inizialmente meno raffinati, intagli e fusioni, ai lavori di maggior impegno e complessità. Questo gruppo è quasi sicuramente identico a quello elencato dallo scultore Giuseppe Torretti come "Bacco a cavallo d'asino" nel suo inventario postumo del Conte Ludovico Manin del maggio 1742 situato nella galleria di Groppi di Marmo in Palazzo Manin, Venezia (Avery, op. cit. capitolo 1) Ben disegnata è infatti l'anatomia di entrambe le figure, con la corpulenza di Sileno in contrasto con il busto atletico dello satiro, mentre molto audace è il lavoro sul marmo per porre in rilievo le quattro zampe dell'asino e le due gambe da capra del satiro. E' escluso, comunque, che si tratti di un'opera tarda, poiché il gruppo è stato concepito per essere visto di fronte come un dipinto, e non dal retro o addirittura a tutto tondo, mentre fin dal 1730 circa Bertos inizierà ad elaborare le sue composizioni in modo da renderle godibili a 360°, alla maniera di Giambologna o di Bernini. Le figure, nella loro eterogeneità, sono legate visivamente da linee diagonali contrastanti, create dagli assi dei vari arti. Sono connesse fisicamente, spesso da elementi che si trovano opportunamente interposti, come il grappolo d'uva sopra la testa di Sileno o la brocca sotto la zampa anteriore dell'asino, così da creare un continuum di marmo. Questo certamente spiega come lo scultore potesse togliere tanto marmo senza perdere la stabilità del gruppo. Anche in un'altra occasione Bertos raffigurò Sileno, ma forse in data precedente, poiché il soggetto è rappresentato disteso sopra una botta di vino e circondato da putti, composizione senz'altro più facile da scolpire (Avery, 2007, no. 28). Dell'opera che stiamo considerando si può dire che si tratta di un'unica, raffinatissima e originalissima opera del Bertos. Ringraziamo il Dott. Charles Avery per questa scheda.