Description
olio su tela, cm 41,5 x 34
dedicato, firmato e datato in basso a sinistra: Al caro Tommaso / Arturo Noci / 1902.
Portrait of Tommaso Bencivenga, 1902
oil on canvas, 41,5 x 34 cm
dedicated, signed and dated lower left ESPOSIZIONI:
2015, 11 giugno-27 settembre, Roma, Galleria d’Arte Moderna, Arturo Noci (1874-1953) / Figure e Ritratti degli anni romani, n. 6
BIBLIOGRAFIA:
Cinzia Virno, Manuel Carrera, a cura di, Arturo Noci (1874-1953) / Figure e Ritratti degli anni romani, Roma, 2015, pp. 48-49.
L'arte del primo Novecento romano dalla collezione di Tommaso Bencivenga
Manuel Carrera, Ottobre 2015
Nel panorama dell'arte e della politica culturale romana del primo trentennio del Novecento, la figura di Tommaso Bencivenga (Roma 1879 - 1945) ricopre un ruolo di assoluto rilievo. Analogamente a quanto accaduto a molte personalità coinvolte nel regime fascista, il suo ricordo è andato gradualmente scomparendo dalla letteratura artistica: eppure, chiunque abbia affrontato studi sulle esposizioni nazionali ed internazionali tenute a Roma nel periodo citato, si è imbattuto nel suo nome, sempre presente - talvolta indicato come "Tomaso" - nelle commissioni ufficiali e nelle fila organizzative.
Appassionato sostenitore dell'arte e dell'architettura a lui contemporanea (suo un entusiastico articolo sull'architettura di Giuseppe Sacconi, progettista dell'Altare della Patria, su "L'Avanti della Domenica"), Bencivenga fu anche finissimo connoisseur d'arte antica. Tra le sue prime pubblicazioni di rilievo si ricorda, in particolare, Le gallerie vaticane, volumetto pubblicato in diverse lingue per l'editore romano Bernardo Lux tra il 1901 e il 1905.
Durante il suo operato nell'arte contemporanea, che lo portò ad essere nominato Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma, titolo con cui figura tra i promotori dell'inaugurazione dell'attuale Galleria d'Arte Moderna di Roma, strinse importanti rapporti con alcuni dei protagonisti dell'arte italiana ed internazionale del tempo: la sua vasta collezione annoverava una serie di opere donategli da pittori e scultori che erano entrati in contatto con lui nelle diverse rassegne espositive che aveva curato. Tra le opere giunte a noi, costituisce in tal senso un prezioso documento il suo ritratto eseguito nel 1902 da Arturo Noci (lotto 157), recentemente esposto alla Galleria d'Arte Moderna di Roma nella mostra "Arturo Noci (1874-1953): figure e ritratti degli anni romani". Bencivenga fu in prima linea in molti dei contesti in cui militava lo stesso Noci: tra questi, oltre alla Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti e il Comitato esecutivo per le feste commemorative del 1911 a Roma, va ricordato il suo ruolo nell'ambito della "Secessione" romana, del cui comitato era Segretario Generale. Proprio in opposizione alle politiche della Società degli Amatori e Cultori, ritenute ormai attardate, si costituiva in un mare di polemiche il gruppo della Secessione, alla cui prima mostra (Palazzo delle Esposizioni, 1913) presero parte gli artisti di tutta Europa allora ritenuti più moderni. La modernità di Arturo Noci, così come quella dei suoi colleghi secessionisti romani - in più occasioni definita "moderata" - trovava compimento nell'approdo alla tecnica divisionista, tornata in gran voga nei primi anni Dieci, impiegata principalmente per raffigurare scene di interni e ritratti di vena intimista o mondana. Il ritratto di Tommaso Bencivenga, testimonianza di un'amicizia che risale agli esordi dell'artista, è con ogni evidenza un dipinto estemporaneo, probabilmente realizzato dal vero, con poche decise pennellate e una ridotta gamma di colori. La fattura rapida e la spiccata caratterizzazione dei tratti somatici lo lega strettamente ai numerosi disegni che Noci annotava in quegli anni sui taccuini, in una prolifica fase di studio della figura umana. Allo stato attuale degli studi, l'opera risulta essere, proprio per queste caratteristiche, un unicum nella ritrattistica di Arturo Noci.
Al clima culturale romano appartiene anche il romagnolo Norberto Pazzini (Verucchio 1856 - 1937), presente alle esposizioni della Società degli Amatori e Cultori dal 1885. Allievo di Nino Costa, Pazzini fu uno dei più prolifici esponenti dell'associazione "In Arte Libertas", attiva alla fine dell'Ottocento con importanti mostre internazionali. Il delizioso nudino (lotto 158) datato 1905 della collezione di Tommaso Bencivenga, molto probabilmente una Ninfa, rivela diverse affinità con il capolavoro di Nino Costa Alla fonte - la ninfa nel bosco (1862-97), oggi nelle collezioni della Galleria d'Arte Moderna di Roma. L'opera riporta una dedica autografa sul retro: "All'amico carissimo Tomaso Bencivenga, con animo riconoscente / Norberto Pazzini / Roma 29 giugno 1922". Si tratta di una data particolarmente significativa: proprio nel giugno del 1922 terminava un'importante mostra personale alla Galleria Pesaro di Milano, curata appunto da Tommaso Bencivenga. Il dipinto, dunque, doveva essere stato donato dall'artista all'amico in segno di gratitudine per il successo riscosso all'esposizione, che certamente contribuì alla nomina ad accademico di merito all'Accademia di Belle Arti di Perugia (1923) e all'Accademia di San Luca (1925).
Della collezione di sculture di Bencivenga, restano due importanti opere d'ambito secessionista. La più antica, databile al 1902, è uno dei capolavori del genovese Giovanni Prini (Genova 1877 - Roma 1958): con il titolo Il segreto dei bimbi (lotto 161), l'opera fu presentata per la prima volta all'esposizione degli Amatori e Cultori del 1903, per poi essere riproposta, dato lo straordinario successo riscosso, in altre esposizioni in tutto il mondo (Saint Louis 1903; Monaco 1906; Buenos Aires 1910; San Francisco 1915). Del gesso originale furono eseguite alcune fusioni, richieste all'artista nelle diverse occasioni espositive. La fusione appartenente a Tommaso Bencivenga può essere identificata in quella presentata alla mostra degli Amatori e Cultori del 1905 (con ogni probabilità la prima realizzata), dove Prini aveva una mostra personale con ventotto sculture, oltre a numerosi disegni e dipinti. In una fotografia della sala (nota 1), il piccolo gruppo scultoreo reca il cartellino con su scritto "venduto": si può quindi ipotizzare che l'acquirente, in quella prima occasione, sia stato proprio Bencivenga. A suffragare l'ipotesi concorre la fattura stessa dell'opera - dotata, tra l'altro, di un'elegante base originale simile a quelle che Prini aveva utilizzato per le altre sculture - soprattutto per quanto riguarda la patina della superficie, la cui ricchezza di effetti attesta l'intervento diretto dell'artista nella resa dei particolari.
Di circa vent'anni successivo è il bronzo del palermitano Giovanni Nicolini (Palermo 1872 - Roma 1956), anch'egli attivo a Roma tra Amatori e Cultori e Secessione. A Tommaso Bencivenga apparteneva una delle sue opere più celebri: Goloso! (lotto 160), raffigurante un piccolo satiro che regge un grappolo d'uva. L'opera fu esposta con successo alla Biennale di Venezia del 1920, dove colpì per la "testina sentita e di garbo" e la "mossa aggraziata con la quale regge l'uva tra le braccia" (nota 2). La sua fama, tuttavia, è legata oggi alla "Fonte gaia" (detta anche "dei Satiri" o "dei conigli") di Villa Borghese, che la integra in un più ampio gruppo scultoreo, in cui una coppia di satiri adulti regge il piccolo sulle proprie braccia unite. Fu proprio Bencivenga, in qualità di Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma, a commissionare a Nicolini la fontana: con ogni probabilità, dunque, alla commissione seguì il dono del satiretto in bronzo in segno di riconoscenza. La fontana è stata recentemente al centro di un fatto di cronaca: nel 2011, a pochi mesi da un restauro che l'aveva riportata allo splendore originale, la testa del Goloso è stata maldestramente recisa da ignoti, e ancora oggi la scultura appare decapitata.
Altri due pezzi della collezione di Bencivenga si rivelano particolarmente interessanti. Innanzitutto, un intenso ritratto di fanciullo (lotto 159) che, sebbene un'iscrizione sul retro lo attribuisca al vedutista francese (Alphonse) Stengelin, può essere ricondotto all'ambiente romano vicino ad Antonio Mancini tra Otto e Novecento. Infine, una grande mappa del centro di Roma (lotto 162), eseguita dal laboratorio di Pio e Silvio Eroli, figli del pittore Erulo Eroli, e dedicata "Al prof. T. Bencivenga con viva gratitudine": anche in questo caso, è possibile supporre che il dono seguisse la realizzazione dei 25 arazzi per l'addobbo esterno dei palazzi capitolini, ora al Museo di Roma a Palazzo Braschi, commissionati a Erulo Eroli dal Comune di Roma già nel 1902 e completati da Pio e Silvio Eroli nel 1926, dieci anni dopo la morte del padre. Attraverso un insolito accostamento di immagini e versi ("Roma Capomunni" di Gioachino Belli e versi latini tratti da testi ecclesiastici), questa mappa tratteggia una vera e propria allegoria della romanità, il cui valore risiede tanto nell'interesse storico-artistico per la storia delle arti applicate, quanto in quello documentario, poiché testimonianza di rapporti tra artisti, artigiani e istituzioni in un momento cruciale del Novecento italiano.
1) La fotografia è pubblicata in Maurizio Fagiolo Dell'Arco, Flavia Matitti, Giovanni Prini: dal simbolismo alla Secessione 1900-1916, Roma 1998, pp. 82-83.
2) Francesco Sapori, La XII Mostra d'arte a Venezia, in "Emporium", 1920, vol. LI, n. 306, p. 268.
Manuel Carrera, Ottobre 2015