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Domenico Morone Sold at Auction Prices

b. 1442 - d. 1518

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    • Domenico Morone (1442 - 1518) , attribuito a Adorazione dei Magi ("Natus est redemptor Mondi"), 1490-1500 circa
      May. 15, 2024

      Domenico Morone (1442 - 1518) , attribuito a Adorazione dei Magi ("Natus est redemptor Mondi"), 1490-1500 circa

      Est: -

      Domenico Morone (1442 - 1518) , attribuito a Adorazione dei Magi ("Natus est redemptor Mondi"), 1490-1500 circa Carbone, tempera e olio su tavola 61 x 45,5 cm Altre iscrizioni: sul recto della tavola, nell’angolo inferiore sinistro, cartiglio con iscrizione nera «NATVS ES / REDEMPTOR / MONDI» a guisa di titolo Elementi distintivi: sul retro della tavola, nell’angolo superiore destro, con caratteri stampati forse in relazione a inventario d'asta, «2 8 6 W» (?) (parzialmente visibile in UV); segni a gesso bianco Provenienza: Galleria Moretti, Firenze Certificati: expertise di Mina Gregori, datato 7 dicembre 2007 (in copia) Vincoli: l'opera è dotata di libera circolazioneStato di conservazione. Supporto: 80% (due traverse lignee di supporto orizzontali, fissate con vecchi chiodi, apparentemente forgiati; residui di fasce di carta applicate ai margini; tracce di umidità) Stato di conservazione. Superficie: 75% (ritocchi; riprese pittoriche a sottolineare bordi e dettagli; alcuni sollevamenti con orientamento verticale; abrasioni; vernice protettiva) La tavola è stata identificata da Mina Gregori nel 2007 come opera sicura di Domenico Morone, esponente di punta del rinascimento veronese: «Tutti gli elementi che arricchiscono la pittura del veronese Domenico Morone vi sono presenti e confermano le doti di fantasia ereditate dal mondo tardogotico e l'intelligenza nell'accogliere le novità rinascimentali che contraddistinsero la sua opera». Suggerendo una datazione alla maturità dell'artista - di cui una pietra miliare è la prestigiosa commissione, nel 1494 da parte del Marchese di Mantova Francesco II Gonzaga, della tela raffigurante la "Cacciata dei Bonacolsi" (Palazzo Ducale, Mantova) - la studiosa sottolinea la avvenuta acquisizione, nella tavola in esame, delle novità sviluppatesi «a Padova nell'ambiente mantegnesco e a Venezia in direzione del Carpaccio. Tali elementi sono mirabilmente rappresentati in quest'opera. L'architettura dell'edificio con il tetto in rovina è allusivo alla fine del mondo pagano, e lo conferma il bassorilievo spezzato con il nudo privo della testa. In questa struttura il Morone evidenzia la sua appartenenza al mondo rinascimentale nella esatta prospettiva, negli elementi classici realizzati con gusto pittorico, nell'alternanza di colonne bianche e verdi e nel realismo con cui sono descritte le assi rustiche che chiudono alcuni degli archi». E infatti nel «paesaggio sono pure evidenti i ricordi mantegneschi, mentre il corteo è l'occasione perché il Morone sfoggi vestiti e copricapi fantasiosi e rappresenti i cavallini rampanti che spesso ha inserito nei suoi dipinti. In primo piano il giovane paggio che regge la spada è un inserto moderno che si ricollega ai tondi che il Morone ha dipinto in competizione con il Carpaccio». La minuta analisi dei dettagli - il paesaggio, le figure e gli animali - ha consentito di avvicinare la tavola in esame anche a due tele veronesi, al passaggio tra '400 e '500, pubblicate da Mattia Vinco, con datazione intorno al 1510 (M. Vinco, "Cassoni. Pittura profana del Rinascimento a Verona", Milano, 2018, pp. 346-347, cat. 113): si tratta di episodi della guerra tra romani e sabini, per cui Bernard Berenson aveva suggerito l’attribuzione al veronese Francesco dai Libri (1450-1503/1506) e che, principalmente nella fattura del paesaggio, collimano con l'opera nota di Michele da Verona (1470 – 1535/1544), che, formatosi nella bottega di Morone a fianco al figlio di questi, Francesco (1471-1529), ottiene la qualifica di pittura nel 1492, a 22 anni. In questa ipotesi il gruppo così costituito - la tavola in esame e le due tele - sarebbe da datare ai primi anni del nuovo secolo, nella raggiunta maturità di Michele. Vinco, inoltre, rileva, per le tele, che «una datazione al 1505-1510, che bene si attaglia alle ampie aperture dello sfondo, porta ad escludere dai possibili autori sia il nome di Giovanni Maria Falconetto, all'epoca già influenzato dalla cultura pinturicchiesca, sia quello di Filippo da Verona, autore tra il 1509 e 1511 dell'"Arianna a Nasso" del Rijksmuseum di Amsterdam (cat. 93) e della "Madonna allattante il Bambino" del Museo di Castelvecchio a Verona (inv. 895-1B123)». Ed in effetti con il prendere in considerazione, anche per la nostra tavola, Falconetto (1468-1534/1535) e Filippo da Verona (documentato tra il 1510 e il 1515) per così dire si completa il panorama della pittura veronese del rinascimento, riportando l'attenzione sulla proposta di Mina Gregori in favore di Domenico Morone, o un artista a lui molto vicino, e con una datazione prima del passaggio del secolo. Le analisi tecniche, condotta sull'opera da Gianluca Poldi nell'ottobre 2023 (riprese fotografiche in luce diffusa, radente o semiradente, riflettografia in infrarosso in 2 bande spettrali, infrarosso in falso colore, spettrometria di riflettanza e microscopia ottica digitale), hanno infatti pienamente confermato la datazione alla seconda metà del Quattrocento, mettendo in luce «un accurato disegno soggiacente di contorno, svolto a pennello o penna e inchiostro nero di tipo carbonioso, assai dettagliato e, almeno in varie zone, a mano libera, sintomo di un disegnatore sicuro. Poche linee vengono riprese e precisate graficamente prima di passare alla coloritura. Più complessa era la struttura del manto della Vergine, a base di azzurrite, oggi blu scuro, quasi nero, con l’ordinamento delle pieghe attentamente disegnato. E pure degna di nota appare la definizione grafica delle rocce sullo sfondo. Sottili incisioni sono state praticate per la costruzione delle architetture, sia a riga sia a compasso, e seguite con poche varianti in fase pittorica. Mentre per i sacri attori principali lo spazio nelle architetture è riservato, altre figure sono state invece tracciate sopra l’edificio già disegnato: è il caso dei due pastori a sinistra, uno dei quali volto a intercettare lo sguardo dell’osservatore, i quali sono aggiunti a penna, con curata grafica, insieme al parapetto su cui poggiano, escamotage compositivo che permette di inserire il cartiglio con la scritta, che le analisi certificano come originale». L'uso del disegno in fasi successive, sin dalla prima strutturazione dell'opera, con modi e finalità diverse, nonché la sovrapposizione delle forme (appunto, per esempio, il parapetto in mattoni e i personaggi a sinistra sovrapposti al basamento di una colonna), confermano che la tavola è di invenzione. L'esame dei pigmenti suggerisce inoltre di anticipare la datazione ai primi anni ottanta, in consonanza con una osservazione svolta da Mina Gregori secondo la quale «il Morone si presenta già in fase evoluta nella 'Madonna col Bambino' del 1483». Infatti, rileva Gianluca Poldi, tra «i pigmenti si segnala la presenza diffusa di azzurrite nelle campiture azzurre (cielo e abiti). Nello sfondo scuro delle due nicchie con statue nell’ordine superiore dell’architettura, come pure nelle colonne azzurre, è presente un pigmento dalla risposta rossa intensa in IR falso colore, compatibile nel caso in esame con indaco (miscelato con parti di giallo nelle colonne), pigmento usato, sebbene di rado, in area veneta tra 1450 e 1480 circa, più frequentemente in mescolanza per ottenere peculiari toni di verde e violetto, ma qualche volta anche da solo o con biacca, come azzurro». E ancora: «La struttura delle pennellate, sottili e parallele, suggerisce l’impiego di tempera, almeno in varie finiture, ma anche in qualche parte è compatibile con stesure a olio». Proprio l'uso combinato di olio e tempera è un elemento di transizione, tra la pittura a tempera su tavola ancora in voga nella prima metà del Quattrocento e l'imporsi dell'olio su tela, che rafforza l'ipotesi di una datazione precoce. Cosicché, conclude Poldi, alla «luce delle indagini svolte, l’opera risulta coerente con l’epoca indicata», cioè «il XV secolo, seconda metà». La stessa resa pittorica, spigliata e sicura, indice di una velocità di pensiero, accostata a un disegno costruito sia a mano libera sia molto dettagliatamente, unitamente all'uso di una "tecnica mista" pone la tavola nel pieno dell’umanesimo attardato della ricca provincia veneta. Tra i segnali di questa cultura, oltre ai richiami classici e alla stessa morfologia del paesaggio e delle montagne in particolare - che agiscono come fattori innovatori rispetto alla impostazione tardo-gotica del corteo - sono le pareidolie inserite tra i reperti archeologici antichi murati nell’architettura: per esempio, la pietra angolare (a destra del ginocchio della statua di profilo al primo piano, al centro del dipinto), di ascendenza mantegnesca (si veda, ex multis, la conformazione delle nuvole nel "San Sebastiano" del Musée du Louvre, inv. RF 1766) e frequente anche in pittori coevi come Giorgione o Pinturicchio ("Martirio di San Sebastiano", Appartamento Borgia, Città del Vaticano). Ringraziamo il Dottor Gianluca Poldi per il prezioso supporto dato alla catalogazione dell'opera.

      Bonino
    • Domenico Morone (1442 - 1518) , attribuito a Adorazione dei Magi ("Natus est redemptor Mondi"), 1490-1500 circa
      Feb. 29, 2024

      Domenico Morone (1442 - 1518) , attribuito a Adorazione dei Magi ("Natus est redemptor Mondi"), 1490-1500 circa

      Est: -

      Domenico Morone (1442 - 1518) , attribuito a Adorazione dei Magi ("Natus est redemptor Mondi"), 1490-1500 circa Carbone, tempera e olio su tavola 61 x 45,5 cm Altre iscrizioni: sul recto della tavola, nell’angolo inferiore sinistro, cartiglio con iscrizione nera «NATVS ES / REDEMPTOR / MONDI» a guisa di titolo Elementi distintivi: sul retro della tavola, nell’angolo superiore destro, con caratteri stampati forse in relazione a inventario d'asta, «2 8 6 W» (?) (parzialmente visibile in UV); segni a gesso bianco Provenienza: Galleria Moretti, Firenze Certificati: expertise di Mina Gregori, datato 7 dicembre 2007 (in copia) Vincoli: l'opera è dotata di libera circolazioneStato di conservazione. Supporto: 80% (due traverse lignee di supporto orizzontali, fissate con vecchi chiodi, apparentemente forgiati; residui di fasce di carta applicate ai margini; tracce di umidità) Stato di conservazione. Superficie: 75% (ritocchi; riprese pittoriche a sottolineare bordi e dettagli; alcuni sollevamenti con orientamento verticale; abrasioni; vernice protettiva) La tavola è stata identificata da Mina Gregori nel 2007 come opera sicura di Domenico Morone, esponente di punta del rinascimento veronese: «Tutti gli elementi che arricchiscono la pittura del veronese Domenico Morone vi sono presenti e confermano le doti di fantasia ereditate dal mondo tardogotico e l'intelligenza nell'accogliere le novità rinascimentali che contraddistinsero la sua opera». Suggerendo una datazione alla maturità dell'artista - di cui una pietra miliare è la prestigiosa commissione, nel 1494 da parte del Marchese di Mantova Francesco II Gonzaga, della tela raffigurante la "Cacciata dei Bonacolsi" (Palazzo Ducale, Mantova) - la studiosa sottolinea la avvenuta acquisizione, nella tavola in esame, delle novità sviluppatesi «a Padova nell'ambiente mantegnesco e a Venezia in direzione del Carpaccio. Tali elementi sono mirabilmente rappresentati in quest'opera. L'architettura dell'edificio con il tetto in rovina è allusivo alla fine del mondo pagano, e lo conferma il bassorilievo spezzato con il nudo privo della testa. In questa struttura il Morone evidenzia la sua appartenenza al mondo rinascimentale nella esatta prospettiva, negli elementi classici realizzati con gusto pittorico, nell'alternanza di colonne bianche e verdi e nel realismo con cui sono descritte le assi rustiche che chiudono alcuni degli archi». E infatti nel «paesaggio sono pure evidenti i ricordi mantegneschi, mentre il corteo è l'occasione perché il Morone sfoggi vestiti e copricapi fantasiosi e rappresenti i cavallini rampanti che spesso ha inserito nei suoi dipinti. In primo piano il giovane paggio che regge la spada è un inserto moderno che si ricollega ai tondi che il Morone ha dipinto in competizione con il Carpaccio». La minuta analisi dei dettagli - il paesaggio, le figure e gli animali - ha consentito di avvicinare la tavola in esame anche a due tele veronesi, al passaggio tra '400 e '500, pubblicate da Mattia Vinco, con datazione intorno al 1510 (M. Vinco, "Cassoni. Pittura profana del Rinascimento a Verona", Milano, 2018, pp. 346-347, cat. 113): si tratta di episodi della guerra tra romani e sabini, per cui Bernard Berenson aveva suggerito l’attribuzione al veronese Francesco dai Libri (1450-1503/1506) e che, principalmente nella fattura del paesaggio, collimano con l'opera nota di Michele da Verona (1470 – 1535/1544), che, formatosi nella bottega di Morone a fianco al figlio di questi, Francesco (1471-1529), ottiene la qualifica di pittura nel 1492, a 22 anni. In questa ipotesi il gruppo così costituito - la tavola in esame e le due tele - sarebbe da datare ai primi anni del nuovo secolo, nella raggiunta maturità di Michele. Vinco, inoltre, rileva, per le tele, che «una datazione al 1505-1510, che bene si attaglia alle ampie aperture dello sfondo, porta ad escludere dai possibili autori sia il nome di Giovanni Maria Falconetto, all'epoca già influenzato dalla cultura pinturicchiesca, sia quello di Filippo da Verona, autore tra il 1509 e 1511 dell'"Arianna a Nasso" del Rijksmuseum di Amsterdam (cat. 93) e della "Madonna allattante il Bambino" del Museo di Castelvecchio a Verona (inv. 895-1B123)». Ed in effetti con il prendere in considerazione, anche per la nostra tavola, Falconetto (1468-1534/1535) e Filippo da Verona (documentato tra il 1510 e il 1515) per così dire si completa il panorama della pittura veronese del rinascimento, riportando l'attenzione sulla proposta di Mina Gregori in favore di Domenico Morone, o un artista a lui molto vicino, e con una datazione prima del passaggio del secolo. Le analisi tecniche, condotta sull'opera da Gianluca Poldi nell'ottobre 2023 (riprese fotografiche in luce diffusa, radente o semiradente, riflettografia in infrarosso in 2 bande spettrali, infrarosso in falso colore, spettrometria di riflettanza e microscopia ottica digitale), hanno infatti pienamente confermato la datazione alla seconda metà del Quattrocento, mettendo in luce «un accurato disegno soggiacente di contorno, svolto a pennello o penna e inchiostro nero di tipo carbonioso, assai dettagliato e, almeno in varie zone, a mano libera, sintomo di un disegnatore sicuro. Poche linee vengono riprese e precisate graficamente prima di passare alla coloritura. Più complessa era la struttura del manto della Vergine, a base di azzurrite, oggi blu scuro, quasi nero, con l’ordinamento delle pieghe attentamente disegnato. E pure degna di nota appare la definizione grafica delle rocce sullo sfondo. Sottili incisioni sono state praticate per la costruzione delle architetture, sia a riga sia a compasso, e seguite con poche varianti in fase pittorica. Mentre per i sacri attori principali lo spazio nelle architetture è riservato, altre figure sono state invece tracciate sopra l’edificio già disegnato: è il caso dei due pastori a sinistra, uno dei quali volto a intercettare lo sguardo dell’osservatore, i quali sono aggiunti a penna, con curata grafica, insieme al parapetto su cui poggiano, escamotage compositivo che permette di inserire il cartiglio con la scritta, che le analisi certificano come originale». L'uso del disegno in fasi successive, sin dalla prima strutturazione dell'opera, con modi e finalità diverse, nonché la sovrapposizione delle forme (appunto, per esempio, il parapetto in mattoni e i personaggi a sinistra sovrapposti al basamento di una colonna), confermano che la tavola è di invenzione. L'esame dei pigmenti suggerisce inoltre di anticipare la datazione ai primi anni ottanta, in consonanza con una osservazione svolta da Mina Gregori secondo la quale «il Morone si presenta già in fase evoluta nella 'Madonna col Bambino' del 1483». Infatti, rileva Gianluca Poldi, tra «i pigmenti si segnala la presenza diffusa di azzurrite nelle campiture azzurre (cielo e abiti). Nello sfondo scuro delle due nicchie con statue nell’ordine superiore dell’architettura, come pure nelle colonne azzurre, è presente un pigmento dalla risposta rossa intensa in IR falso colore, compatibile nel caso in esame con indaco (miscelato con parti di giallo nelle colonne), pigmento usato, sebbene di rado, in area veneta tra 1450 e 1480 circa, più frequentemente in mescolanza per ottenere peculiari toni di verde e violetto, ma qualche volta anche da solo o con biacca, come azzurro». E ancora: «La struttura delle pennellate, sottili e parallele, suggerisce l’impiego di tempera, almeno in varie finiture, ma anche in qualche parte è compatibile con stesure a olio». Proprio l'uso combinato di olio e tempera è un elemento di transizione, tra la pittura a tempera su tavola ancora in voga nella prima metà del Quattrocento e l'imporsi dell'olio su tela, che rafforza l'ipotesi di una datazione precoce. Cosicché, conclude Poldi, alla «luce delle indagini svolte, l’opera risulta coerente con l’epoca indicata», cioè «il XV secolo, seconda metà». La stessa resa pittorica, spigliata e sicura, indice di una velocità di pensiero, accostata a un disegno costruito sia a mano libera sia molto dettagliatamente, unitamente all'uso di una "tecnica mista" pone la tavola nel pieno dell’umanesimo attardato della ricca provincia veneta. Tra i segnali di questa cultura, oltre ai richiami classici e alla stessa morfologia del paesaggio e delle montagne in particolare - che agiscono come fattori innovatori rispetto alla impostazione tardo-gotica del corteo - sono le pareidolie inserite tra i reperti archeologici antichi murati nell’architettura: per esempio, la pietra angolare (a destra del ginocchio della statua di profilo al primo piano, al centro del dipinto), di ascendenza mantegnesca (si veda, ex multis, la conformazione delle nuvole nel "San Sebastiano" del Musée du Louvre, inv. RF 1766) e frequente anche in pittori coevi come Giorgione o Pinturicchio ("Martirio di San Sebastiano", Appartamento Borgia, Città del Vaticano). Ringraziamo il Dottor Gianluca Poldi per il prezioso supporto dato alla catalogazione dell'opera.

      Bonino
    • Domenico Morone (c.1442-1503) THE ASCENSION OF CHRIST, VERONA, C.1500
      Dec. 09, 2020

      Domenico Morone (c.1442-1503) THE ASCENSION OF CHRIST, VERONA, C.1500

      Est: £8,000 - £12,000

      THE ASCENSION OF CHRIST, historiated initial on vellum cut from a choirbook illuminated by Domenico Morone [Verona, c.1500]. A rare work of illumination by the pioneering Renaissance panel painter and frescoist Domenico Morone (c.1442-1503). 127 x 95mm. Historiated initial 'O' with the Ascension of Christ, reverse with fragment of text and music on a red stave (trimmed close to the edge of the miniature, a few small losses of pigment to Christ's robe and the hill in the background). Provenance: (1) The surviving cuttings associated with this miniature were all likely taken from a Franciscan gradual (the iconography of two of the cuttings indicates a Franciscan context). The majority of these cuttings were reunited by Hans-Joachim Eberhardt in 'Nuovi studi su Domenico Morone, Girolamo dai Libri e Liberale', Miniatura Veronese del Rinascimento, exh. cat., 1986, pp. 103-161. (2) Paul Graupe, Berlin sale 76, 12 December 1927, lot 50 (described as school of Mantegna) to: (3) Kurt Arnhold (1887-1951), Dresden bank and collector. (4) Sotheby’s, 23 June 1992, lot 20. (5) Maggs, European Bulletin 19, 1994, no 23. Strongly influenced by Mantegna and Squarcione, Domenico Morone was one of the leading Veronese painters of his time. Among Domenico's earliest surviving recorded works is a Madonna and Child (Berlin, Gemäldegal.) signed and dated in 1483. Mantegna's influence is evident in this piece, and Domenico almost certainly came into contact with a Mantegnesque style through the art of Francesco Benaglio, considered to be Domenico's teacher. Throughout the 1490s Domenico led a large workshop which was involved in many great commissions including the fresco cycle for the library of San Bernardino in Verona; in this work he blended his own powers of observation with Mantegnesque spatial effects and decorative motifs. His activity as an illuminator has only relatively recently been explored, largely thanks to Hans- Joachim Eberhardt's catalogue of a 1986 exhibition of Veronese Renaissance illumination. Morone's hard, linear style, sculpturesque figures, plastic manner of rendering drapery, and rocky landscape are all evident in the present cutting. Gaudenz Freuler sees Morone as a nostalgic, classicising artist who, while paying tribute to Liberale da Verona, follows a distinct artistic path; his style more rooted in the work of the artists active at the Este court, such as Martino da Modena and Jacopo di Filippo Argenta, than of his Veronese contemporaries (see G. Freuler, Italian Miniatures, 2013, II, pp.788-95). Freuler has assembled an updated list of surviving miniatures attributable to Domenico Morone, among which we should add the present cutting (G. Freuler, Italian Miniatures, II, pp.790-2). Sister-cuttings are in Berlin (Kupferstichkabinett, 629), New York (Metropolitan Museum of Art, Robert Lehman Collection, 1975.1.2483), Philadelphia (Free Library, Lewis 45:28), and London (Victoria and Albert Museum, inv.4916 and 4924, plus a further nine foliate initials).

      Christie's
    • Domenico Morone, um 1442 Verona - um 1520, zug.
      Sep. 24, 2015

      Domenico Morone, um 1442 Verona - um 1520, zug.

      Est: €30,000 - €40,000

      Domenico Morone, um 1442 Verona - um 1520, zug. BEGEGNUNG EINES PAARES IN EINEM PALASTHOF (LUCIO TARQUINIUS COLLATINO GRÜSST SEINE FRAU LUCREZIA?) Öl/ Tempera auf Holz. Parkettiert. Durchmesser: 29,5 cm. In vergoldetem Renaissancerahmen mit Blattornamentik. Tondo. Im Italien des 15. und 16 Jahrhunderts waren die sogenannten "deschi da parto" sehr verbreitet. Es handelt sich hierbei um ein rundes Gemälde, das als Tablett für Speisen gedacht war und Frauen nach der Geburt eines Kindes als Geschenk überreicht wurde. Das hier vorliegende Exemplar ist von hervorragender Machart. Es zeigt ein Ehepaar bei der Verabschiedung, hinter dem Ehemann wartet bereits ein dunkelhäutiger Bediensteter mit zwei Pferden. Den Hintergrund bildet eine sehr komplexe Architektur mit einer wohldurchdachten Perspektive, so dass es sich hier mit Sicherheit um eine Antiquität aus der Poebene handelt. Auf der Wand im Hintergrund sind zwei monochrome Figuren dargestellt, Apoll und eine Frauengestalt mit einem Füllhorn, dem Symbol der Fruchtbarkeit. Diese sollen an die Renaissance-Fresken der Fassaden von Bürgerhäusern und öffentlichen Gebäuden erinnern. Diese Art der Darstellung wurde auch von Domenico Morone aufgegriffen, dem möglichen Autor dieses Gemäldes. Auf diesem runden Tafelbild kann man verschiedene Merkmale seines Stils erkennen, vor allem, wenn man es mit einigen seiner dokumentierten Werke vergleicht, zum Beispiel mit den beiden Darstellungen des "Raub der Sabinerinnen" (National Gallery, London), dem kleinen Rundbild "Merkur verteidigt die Stadt vor den Eindringlingen" (versteigert am 11. Juni 1996 bei Finarte, Mailand) oder dem "Großen Sieg der Gonzaga über die Bonaccorsi" (signiert und datiert 1494, heute Palazzo Ducale, Mantua). Morone war ein bedeutender Veroneser Maler zwischen dem 15. und 16. Jahrhundert. Er war Schüler des Mantegna- Bewunderers Francesco Benaglio, interessierte sich jedoch auch für die Kunst von Liberale da Verona. Den größten Einfluss auf seine Malerei hatten jedoch Mantegna, Carpaccio, Gentile Bellini und Bartolomeo Montagna. Er entwickelte jedoch auch seinen ganz persönlichen Stil, der vor allem ein gutes Wissen um Perspektive zeigt sowie eine plastische Darstellung der Figuren und eine stabile Form. Neben vielen religiösen Gemälden und Fresken bemalte Morone gerne Alltagsgegenstände, eben "Einrichtungsgegenstände", wie unser "desco da parto", aber auch Truhen, Orgelverkleidungen, Deckenkassetten und Schränke, wofür er auch bekannt wurde. (1021889) (11) Domenico Morone, ca. 1442 Verona - ca. 1520, attributed COUPLE'S FAREWELL IN A PALACE COURTYARD (LUCIO TARQUINIO COLLATINO GREETING HIS WIFE LUCRETIA?) Oil/ tempera on panel. Parquetted. Diameter: 29.5 cm. In gilded Renaissance frame with leaf ornaments. Tondo. The so-called "deschi da parto" were very common in 15th and 16th century Italy. They were round paintings designed as a tray for serving meals and were given as a present to women after the birth of a child. The present example is magnificently executed. It shows a married couple saying their goodbyes. Behind the husband a dark-skinned valet is waiting with two horses. The background shows very complex architectural detail with an elaborately executed perspective, leading to the conclusion that this painting is with great certainty an antique from the Po Valley. This type of representation was frequently executed by Domenico Morone, the potential creator of the present panel painting. It shows a number of his stylistic features, especially in comparison with some of his recorded works such as both depictions of "The Rape of the Sabine Women", (National Gallery, London), or the "Great Victory of the Gonzaga over the Bonaccorsi" (signed and dated 1494, today held at the Palazzo Ducale, Mantua). Morone was a great Veronese painter between the 15th and 16th century. He was a student of the Mantegna-admirer Francesco Benaglio, but was also interested in the art of Liberale da Verona. However, art by Mantegna, Carpaccio, Gentile Bellini and Bartolomeo Montagna had the greatest impact on his work. He developed his own personal style, which shows his very skilled grasp of perspective, the sculptural depiction of figures and a solid form. Besides many religious paintings and frescos, Morone enjoyed and became famous for painting everyday life objects, furnishings just like the present "desco da parto", but also chests, organ cladding, ceiling panels and wardrobes.

      Hampel Fine Art Auctions
    • Italienischer Maler des 15./ 16. Jahrhunderts, in Art des Domenico Morone, ca. 1442 - ca. 1520
      Apr. 11, 2013

      Italienischer Maler des 15./ 16. Jahrhunderts, in Art des Domenico Morone, ca. 1442 - ca. 1520

      Est: €8,000 - €12,000

      Italienischer Maler des 15./ 16. Jahrhunderts, in Art des Domenico Morone, ca. 1442 - ca. 1520 ECCE HOMO Öl auf Holz. 47 x 67 cm. Tafelbild mit Darstellung der "Zurschaustellung Christi" nach dessen Verurteilung vor dem Volk. Christus auf den Stufen des Palastes vor einer Loggia durch einen Mann in rotem Mantel mit umgehängtem Schwert vorgeführt, dahinter einige Ratspersonen und der Hohepriester Kaiphas. Der Doppeltorbogen der Loggia eingepasst in eine größere Architekturanlage mit Dachbalustrade und dahinter hochziehenden Türmen und Kuppeln sowie der Kuppel des Felsendoms. In einer rechts folgenden, doppelfrontbogigen Fenstersetzung ist synchronoptisch eine andere Etappe aus dem biblischen Geschehen, die Geißelung Christi dargestellt. Hier ist Christus ebenfalls mit nacktem Oberkörper wiedergegeben an eine Säule gebunden, während zwei Folterknechte auf den Gebundenen einschlagen. Im Vordergrund vielfigürliche Ansammlung von durchwegs orientalisch gekleideten Personen in bunten, langen Mänteln, zumeist mit Turban. Links heranziehende Reiter unterhalb einer hohen Bogenbrücke, durch deren Bögen die Häuser der Stadt Jerusalem in blauer Lichtperspektive erscheinen. Das Gemälde mit zahlreichen erzählerischen Details, wie etwa mehrere Personen auf der Brücke sowie auf der Dachbalustrade, ferner sind die Fenster am Gebäude des rechten Bildrandes ebenfalls mit herausblickenden Personen besetzt. Rechts hinten ein Pferdekarren mit Arbeitern, die bereits die drei Kreuze für die Hinrichtung herbeischaffen. (892294) Italian painter of the 15th/ 16th century, in the style of Domenico Morone, ca. 1442 - ca. 1520 ECCE HOMO Oil on panel. 47 x 67 cm.

      Hampel Fine Art Auctions
    • Circle of Domenico Morone (Verona 1442-1518)
      Dec. 08, 2010

      Circle of Domenico Morone (Verona 1442-1518)

      Est: £40,000 - £60,000

      Circle of Domenico Morone (Verona 1442-1518) The Stoning of Saint Stephen; and The Martyrdom of Saint Lawrence - panels from a predella oil on panel 14 1/8 x 9 1/8 in. (36.4 x 23.2 cm.) two (2)

      Christie's
    • Domenico Morone (Verona 1442-1518)
      Jun. 09, 2010

      Domenico Morone (Verona 1442-1518)

      Est: $30,000 - $50,000

      Domenico Morone (Verona 1442-1518) Saints Sebastian and Jerome, a fragment oil on canvas laid down on board 56¼ x 21½ in. (142.8 x 54.6 cm.)

      Christie's
    • Domenico Morone (Verona 1442-1518)
      Jun. 09, 2010

      Domenico Morone (Verona 1442-1518)

      Est: $8,000 - $12,000

      Domenico Morone (Verona 1442-1518) Saint Francis, a fragment oil on canvas laid down on board 20 x 8¾ in. (50.8 x 22.2 cm.)

      Christie's
    • Domenico Morone (Verona 1442-1518)
      Jun. 09, 2010

      Domenico Morone (Verona 1442-1518)

      Est: $4,000 - $6,000

      Domenico Morone (Verona 1442-1518) Saint Roch, a fragment oil on canvas laid down on board 13 x 13 in. (33 x 33 cm.)

      Christie's
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